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Racconti di remo

Racconti brevi di Remo Firmani

Un Cuore di Città

Dalla mattina in cui era entrata in quella pasticceria, Sonia aveva ripetuto quel percorso per le vie del centro di Pescara, quasi tutti i giorni. Partiva da corso Vittorio Emanuele ed osservava la maestosità di quel palazzo bianco degli anni ’20 in cui si trovava l’ufficio postale, ma non faceva caso che poco più avanti, verso nord, c’era una vetrina elegante con l’insegna Maico. Forse perché era giovane e a 36 anni non si può pensare ai problemi d’udito.

Così continuava il suo percorso verso la pasticceria Bresciana osservando alcuni negozi ed attività commerciali di via Ravenna. Un bar la cui insegna sembrava Lord, un’agenzia viaggi che la conquistò solo per la mancanza assoluta di appeal. Su via Milano notò un’agenzia assicurativa con delle vetrine ampie e nelle quali si specchiò, si fermò ad osservare il suo profilo, si girò ad osservare la sua schiena e le sue forme. Passò in quel momento un tizio alto almeno un metro e novanta ed in confronto al suo metro e sessantacinque sembrava un vero gigante.

Sonia non sapeva che quello spilungone si chiamava Alessandro, non sapeva che era single e che era un carabiniere in pensione. Poteva solo sapere che la stava osservando con molta attenzione e che si era lasciato scappare un’espressione di ammirazione per quella miniatura di bellezza racchiusa in quella vita di Sonia Lusi.

Non sto a dirvi cosa pensò Sonia di quel breve incontro, perché quasi immediatamente riprese il suo cammino verso nord su via Milano. Arrivata all’incrocio con via Trieste notò un edificio, orlato da alberi alti dieci metri, che aveva tutta l’aria di essere una scuola. Più avanti, dopo un negozio di abbigliamento, si fermò davanti la vetrina della Mondadori, scrutò qualche copertina, ma venne subito attratta da una vetrina di fronte e vi si spostò ad osservare anelli, bracciali e collane. Iniziò a sentire dei piccoli morsi della fame che la fecero muovere nuovamente in direzione della sua pasticceria preferita.

Dopo essersi lasciata la Feltrinelli sulla sua sinistra girò a destra su via Trento dove la vista sembrava più illuminata da sole, vetrine sgargianti e negozi d’abbigliamento. Ma sembravano essere tutti da uomo. Notò un’erboristeria dove ebbe una mezza idea di prendere qualche prodotto per il benessere del proprio corpo, ma proseguì la sua passeggiata. In quell’istante ripensò a quell’anello che aveva visto in vetrina poco prima. Aveva la forma a spirale si avvolgeva tre volte sul dito, era tutto d’oro e terminava con due brillanti. Questi pensieri svanirono quando arrivò all’incrocio con via Firenze perché dovette decidere se andare dritto alla pasticceria oppure svoltare verso nord per vedere altre vetrine.

Decise di girare a sinistra verso nord e le sembra tutto ancora più luminoso ed attraente. Finalmente un negozio di abbigliamento da donna e non da uomo. Entra e la proprietaria l’accoglie con un gran sorriso e le porge subito un vestito che aveva in mano, che stava mettendo a posto, che sembrava stesse aspettando proprio Sonia. Era un retro-polka dot con lo sfondo bianco ed i pois rossi. La fascia che reggeva i fianchi anch’essa rossa. Sonia non poté fare a meno di farsi convincere dalla proprietaria che mise il vestito dentro una grande busta e lo porse alla cliente che in cambio diede la sua carta di credito. Lo shopping compulsivo le dava sempre quella sensazione di vertigine. Nulla di paragonabile a quello che provava quando si trovava sulla cima di un monte o su una superfice che sotto avesse un vuoto di almeno cinque metri, ma comunque sembrava che le mancasse la terra sotto i piedi. Pensava di aver sfamato la sua bramosia di acquisti e quindi si incamminò verso una gioielleria di via Cesare Battisti che in vetrina aveva Rolex e gioielli che solleticavano le sue fantasie. Fu attratta da un anello mostrato in tre colori molto accesi e dalle forme molto grandi e ben arrotondate. Si concentrò su uno fuxia che aveva un piccolo elefante in rilievo. Incredibilmente belli pensò. Entrò dopo aver suonato il campanello e in meno di dieci minuti ne uscì con l’anello impacchettato ed un altro senso di vertigine nella testa e nello stomaco. Come facesse a spendere tutti quei soldi con uno stipendio da impiegata in una biblioteca, non ci è dato di sapere, ma sicuramente il suo ex marito ed i suoi genitori potevano avere dei gruzzoli di piccioli per mantenere il suo shopping compulsivo. Era proprio arrivato il momento del caffè e quindi tornò verso sud su via Trento nella sua pasticceria Bresciana. All’ingresso viene accolta dal saluto affettuoso dello staff che ricambiò con il solito entusiasmo. Si sedette ad un tavolino all’angolo più lontano dall’ingresso ed ordinò un caffè con panna in tazza piccola ed una crostatina alla marmellata d’uva. Avrebbe voluto prendere il maritozzo con panna che è la loro specialità, ma sarebbe stato contro il suo bilancio calorico giornaliero.

Mentre Sonia Lusi stava rimirando i suoi nuovi acquisti, notò che l’uomo che aveva incontrato poco prima in via Milano, era seduto al tavolino di fronte e la stava osservando.

Seduto, Alessandro Scoponi, faceva meno impressione rispetto a quando era in piedi e Sonia riuscì a notare che sotto il cappellino da golf verde con la scritta Taylormade, si celava un volto che sembrava di altri tempi. Poteva essere un incrocio tra Rin Tin TIn e Macario, ma Sonia non sapeva proprio chi fossero questi due personaggi e quindi non sapeva proprio a chi associare un volto del genere.

Proprio come gli uomini di altri tempi, Alessandro Scoponi, sollevò leggermente il cappellino in segno di saluto a Sonia, la quale tra l’imbarazzo e la curiosità sorrise o meglio, accennò un sorriso. Alessandro, che aveva già finito la colazione, si alzò ed andò a pagare e chiese alla proprietaria di pagare anche per quella ragazza che indicò con un accenno dello sguardo. La proprietaria fece cenno a Sonia della gentilezza che le era stata fatta. Sonia fece un sorriso ed un cenno di saluto verso Alessandro che timido schizzò fuori dalla pasticceria rosso in volto. Sonia prese un opuscolo che era poggiato sul tavolino ed iniziò a leggerlo distrattamente, inondata da una serie di pensieri sull’uomo che aveva cercato in qualche modo di entrare nella sua quotidianità. Aveva violato quei gesti che era solita compiere da sola nella sua pasticceria preferita. E chissà se d’ora in poi avesse voluto continuare a ripetere quei gesti. Ma chissà cosa volesse da lei un uomo così alto e di chissà quale epoca e di chissà quale ceto sociale.

Proprio mentre stava per andarsene, Sonia vide entrare Anna Rinesta, una sua collega della biblioteca che era vestita in maniera molto sgargiante ed inadeguata alle sue forme un po’ esagerate. Anna disse a Sonia se aveva visto quell’uomo altissimo che era appena uscito di lì. “Sai lo conosco” disse Anna. “Veramente?” rispose Sonia. “Si, un tipo un po’ particolare che ogni giorno fa sempre lo stesso tragitto. Mi ha spiegato che se osservi quel tragitto dall’alto, descrive la forma di un cuore. Ma non ti sembra un romanticone?”

“Sicuramente” rispose Sonia. “ma perché lo fa?”

“Lo fa, perché pensa che in quel tragitto prima o poi troverà la donna del suo cuore.”

 

Remo Firmani

Il racconto del Western Motel di Hopper

Vorrei parlarvi di quanto sono venuto a conoscenza sulle vicende di Betty Taylor, che a seguito della chiamata da parte di suoi parenti di Richmond (Virginia), riempì le sue valigie, una più grande color giallo e l’altra leggermente più piccola, di un marrone spento, controllò che le targhette riportassero il nome e cognome esatti e che non si fossero scolorite con il tempo e salì su una Packard del ’53 verde intenso. Fece tutto in molta fretta e durante il viaggio, guardando fuori dal finestrino ripensava a quanto detto nella conversazione telefonica. Un suo parente aveva bisogno di denaro perché finito in un losco tranello di chi voleva sottrargli l’attività commerciale e l’unica che poteva sbrogliare la situazione era la povera Betty. Povera non materialmente, perché se lo fosse stato nessuno l’avrebbe interpellata, ma perché per le sue conoscenze legali e per le sue facoltà economiche era in grado di risolvere i problemi più intricati. Fu così che dopo tre ore di guida ininterrotta si trovò lungo la strada un Motel che sembrava adatto a far riposare le sue membra. Scese dall’auto, con entrambe le valigie e si diresse alla reception dove la ragazza le confermò che era rimasta una stanza libera. Tirando un sospiro di sollievo, pagò il conto anticipato e si diresse nella stanza. Non appena varcò la soglia rimase colpita dalla luce che proveniva dai due finestroni che davano verso il parcheggio. Poggiò le valige una di fianco all’altra ed andò a sedersi sul bordo del letto proprio di fronte il finestrone che recepiva quell’inondazione di luce solare. Mancava poco al tramonto, così le alture di fronte che ricevevano il sole alle loro spalle erano in ombra. Betty Taylor si sentì di ringraziare chi l’aveva chiamata per un compito che avrebbe volentieri rifiutato perché mai, prima di allora aveva potuto fermare il tempo in un’istante e dire che era fortunata per il solo motivo di osservare quello spettacolo.

 

Remo Firmani

Zoom su una formica morente

La scatola del Vape formiche stop è lunga 12,5 cm e alta 10 cm, con una profondità di 2 cm. Contiene due esche e ti avvisa che la durata della sua efficacia è di un mese. Nella parte superiore è colorata di rosso con le scritte bianche, nella parte inferiore sinistra vi sono raffigurate delle formiche con il ventre e le zampette rivolte verso l’alto in prossimità di una finestra. Nella parte destra invece c’è la figura dell’esca circolare come il tendone di un circo in cui sta per entrare una formica esplorativa.

Con il lentino utilizzato dagli orafi, osservo da vicino il loro corpo. Viste dall’alto hanno una forma di un ovale nella parte del capo, mentre il torace è una freccia che punta verso l’addome. Le zampe sono distribuite geometricamente, tre sul lato sinistro e tre sul lato destro.

La formica che entra baldanzosa in questo mini tendone da circo color bianco, non sa leggere la scritta VAPE posta nella parte superiore della scatolina. Entra attratta dal gel ed esce dall’altra parte iniziando a barcollare. Una sensazione di viscido e appiccicoso, come se aveste sbocconcellato una caramella Rossana dall’anima morbida e datata. La vedi che vorrebbe tornare indietro ad avvisare chi la seguiva, ma non ce la fa. Si contorce, con le zampe strofina il funicolo, comunemente antenne, scuote il capo lentamente a destra e lentamente a sinistra, la mandibola che è l’organo più potente che ha, si schiude come a voler urlare la propria incomprensione per quella circostanza nuova. Sente un calore salirle dall’addome che non ha nulla a che vedere con la temperatura esterna.

Io la osservo vorrebbe utilizzare i feromoni per comunicare con le altre operaie, ma non sono in grado di discernere una sola vibrazione chimica. Ha il capo color nero da cui si dipanano le due antenne che ora pian piano rallentano l’intensità del movimento oscillatorio.

 

Remo Firmani

Grandangolo su formiche

Me ne stavo ad osservare il panorama che si stagliava dalla finestra che dà verso ovest della mia casa, quanto sentii un lieve solletico sotto la pianta dei miei piedi scalzi. Giovina cinse con le sue braccia il mio addome, ma al posto di voltarmi verso di lei per accoglierla con un sorriso, spostai lo sguardo verso i miei piedi.

In quell’istante tutta la mia calma instillata dal circostante paesaggio, dal cielo terso ed azzurro, mutò in un accesso d’ira spropositato rispetto alle dimensioni di chi aveva provocato un tale imbarbarimento.

Sui miei piedi una scia color nero si muoveva velocemente, nonostante le dimensioni degli insetti e la mia vista degenerata con l’età, non avrebbero dovuto farmi percepire tutto questo movimento che in realtà era poco più veloce di quello di una tartaruga. Osservare il plotone di formiche che sfilava sopra i miei piedi era come osservare il flusso di macchine dalla cima dell’Empire State Building.

Non ricordo se e cosa imprecai in quel momento, ma sicuramente iniziai a schiaffeggiare i miei piedi in modo da far sparire o disintegrare quegli insetti pestiferi che formavano una linea ininterrotta di due metri, proveniente da sud ed una di un metro proveniente da ovest, proprio dal punto in cui il panorama mi aveva dato tanto ristoro. Ma come avevano fatto a programmare un tale incontro migliaia e migliaia di insignificanti insetti pestiferi?

Sentii Giovina che correva a prendere qualche rimasuglio, dell’estate precedente, di esche per formiche e tornò prontamente là dove mi aveva lasciato, con un’esca di VAPE che posizionò lungo la carreggiata nera. Dopo aver visto quella scena, mi ricordai della polvere per formiche, ma mentre ero agitato nella ricerca di quell’ulteriore insetticida, pensavo che ogni anno la lotta alle formiche diventa sempre più estenuante. Arrivano sempre qualche mese più tardi in modo che tu inconsciamente ti rilassi ed arrivano sempre più numerose per dimostrarti che pian piano sarò io ad essere di troppo.

 

Remo Firmani