Natalia Ginzburg
Il lessico Famigliare di Natalia Ginzburg è qualcosa di molto particolare e coraggioso. Particolare l’aver scelto di scrivere tra le avvertenze che luoghi, fatti e persone sono reali e che nulla è stato inventato e pertanto si è davanti ad un romanzo autobiografico che comprende oltre alle persone della famiglia Levi (cognome di battesimo della Ginzburg) anche personaggi illustri della scena italiana degli anni 30 e 40, quali Pavese del quale ne descrivere accoratamente i motivi del suicidio, la famiglia Olivetti, Einaudi e tanti altri. La protagonista ultima di cinque figli, riesce a raccontare attraverso le parole e le locuzioni tipiche usate dal padre e dalla madre e gli scherzini utilizzati da alcuni fratelli, uno spaccato delle famiglie che si opponevano al regime fascista e che per via di queste scelte dovettero sperimentare il carcere, talvolta trovandolo persino liberatorio e motivo di orgoglio. I luoghi descritti nel romanzo sono, principalmente, quelli della Torino degli anni 30 e 40 in cui la Natalia cresce, e poi lavorerà nella casa editrice che rappresenta il momento più importante della sua vita, in quanto impreziosito dagli scambi di idee con Pavese, Balbo, l’editore e che la fecero maturare sotto il profilo di scrittrice. La figura del padre in questo romanzo, risulta essere centrale in quanto a lui si ricorre sempre nelle descrizioni di altri personaggi, a lui si ricorre sempre nel tirar fuori parole dialettali o inventate quali: Sbrodeghezzi, sgarabazzi e sempio. Con Giuseppe iniziava il romanzo, che si lamentava degli sbrodeghezzi dei propri figli e con Giuseppe finisce questo romanzo che si lamenta dei racconti della moglie ascoltati chissà quante volte.